Incendio Benfante: il fumo che continua ad uscire ed il comunicato dell’Amministrazione

A distanza di ventiquattro ore dall’evento, una colonna di fumo e vapore si alza ancora dal sito della Benfante per dirigersi invariabilmente verso il centro abitato di Manesseno. Sul posto sono ancora in corso le operazioni dei Vigili del Fuoco.

Nella serata di ieri l’Amministrazione Comunale ha diffuso un comunicato nel quale si afferma che

Dai primi rilievi di ARPAL non emergono dati particolarmente negativi sulla qualità dell’aria all’interno del territorio comunale.

Non è sufficiente. Gli abitanti di Manesseno hanno diritto di conoscere nel dettaglio a quali sostanze nocive sono stati e sono ancora esposti. Ci aspettiamo che venga reso pubblico al più presto un report dettagliato sugli esiti delle analisi dei campioni e delle rilevazioni effettuati da ARPAL nella giornata di ieri.

Claudio Di Tursi portavoce del Comitato Indipendente per Sant’Olcese.

Riflessioni sul divano

Il divano che vedete in foto, un glorioso manufatto IKEA di cui qualcuno ha deciso di disfarsi, fa bella mostra di sé all’inizio della strada nuova dei capannoni, la via che noi idealmente collochiamo già nel territorio di Manesseno ma che, in realtà, fino al ponte nuovo, appartiene al Comune di Genova. E sul territorio del Comune di Genova insistono anche i famigerati capannoni che con le loro tasse ingrassano le casse del capoluogo ligure con centinaia di migliaia di euro ogni anno mentre agli abitanti di Sant’Olcese rimangono il traffico dei mezzi pesanti, l’inquinamento, anche acustico, che questo produce ed il divano scassato sul marciapiede.

Il decoro del luogo un cui viviamo dipende anche dalle condizioni in cui versano le zone di confine ed una buona amministrazione anche di questo si dovrebbe occupare. Dovrebbe rapportarsi con le amministrazioni dei comuni confinanti in senso costruttivo e chiedere di provvedere all’eliminazione dei rifiuti ingombranti e della manutenzione delle strade nelle zone di confine. Appena fuori della galleria che conduce allo svincolo autostradale, prima del bivio per Morego, per esempio, da più di un mese è stato sistemato un restringimento della carreggiata propedeutico al ripristino dell’asfalto e del guardrail che si sono danneggiati in seguito ad un incidente: cosa fa l’amministrazione di Sant’Olcese per sollecitare l’esecuzione dei lavori? Riusciremo, prima o poi, ad affrancarci da certe forme di sudditanza?

Claudio Di Tursi

Si scrive Primo Maggio si legge Ciaè

La Guardia Antincendi di Sant’Olcese sta sistemando il sito di Ciaè per accogliere tutti quanti per il tradizionale appuntamento del Primo Maggio.

Sulla pagina Facebook dell’associazione ho visto foto che parlano di risveglio e rinascita; parlano, insomma, di quello di cui abbiamo bisogno.

Non c’è bisogno di ricordarvi che queste occasioni di incontro servono anche finanziare le associazioni che prestano la loro opera sul territorio, associazioni senza le quali vivere a Sant’Olcese sarebbe molto diverso.

Allora il Primo Maggio tutti a Ciaè. Buona la compagnia, buono il cibo, buona l’occasione per aiutare la Guardia Antincendi di Sant’Olcese.

Claudio Di Tursi

Junker, un’App fantastica per la raccolta differenziata!

Si chiama Junker, funziona benissimo ed è semplicissima da usare.

Permette di sapere come conferire correttamente un prodotto facendone la scansione del codice a barre. Si installa su smartphone Android o iPhone ed è gratuita.

Per ottener un risultato più preciso il nostro Comune dovrebbe registrarsi sul sito e comunicare le particolarità della nostra raccolta.

Grazie a Simona Caldoni per la preziosissima informazione.

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MOBILITA’ ELETTRICA – CHE FINE FANNO LE BATTERIE?

Di Flavio Poggi*

Se c’è una cosa che mi fa incazzare è quando capisco in maniera inequivocabile che chi ci governa intraprende scelte che ricadono sulla vita di tutti e delle generazioni future sbattendosene allegramente di gestirne correttamente le conseguenze negative per quanto possano essere evidenti.

La questione dello smaltimento delle batterie al litio, cioè quelle che, ad oggi, sembrano essere la tecnologia che spingerà le nostre auto nei prossimi anni (ma lo stesso discorso si potrebbe fare anche per le altre tipologie), è una faccenda niente affatto semplice o scontata. Eppure, non credo proprio si possa parlare di un problema inatteso e imprevedibile. Mi domando: ma è mai possibile che le istituzioni mondiali, europee, nazionali consentano di commercializzare una nuova tecnologia su vasta scala senza imporre che PRIMA sia stata messa a punto ANCHE la metodologia per lo smaltimento economicamente ed ambientalmente sostenibile dei suoi residui di scarto? Non ci sta insegnando proprio nulla il problema della plastica? Cosa ci stanno a fare i palazzi pieni di tecnici e politici prontissimi a scrivere centinaia di pagine di regole e codici che rendono la vita impossibile ai piccoli produttori di eccellenze della nostra enogastronomia, se non pilotano processi ben più impattanti come questo?

Molte case automobilistiche “risolvono” questo problema facendosi carico direttamente di ritirare e sostituire i pacchetti di batterie delle auto elettriche. Ma poi delle batterie esauste cosa ne fanno? 

Allo stato attuale, un pacchetto di batterie di un auto elettrica dovrebbe garantire efficienza per 8 – 10 anni. Dopo questo periodo la capacità di ricarica scende al di sotto dell’80% e non è più sufficiente a garantire le prestazioni della vettura, per cui il pacchetto di batterie va sostituito. La sua efficienza, tuttavia, è ancora adeguata per un possibile riuso per l’immagazzinamento di energia nell’ambito della rete di distribuzione elettrica. Al momento, però, questo tipo di filiera è in gran parte teorica. E, in ogni caso, presto o tardi, le batterie si esauriscono. In Italia non esistono impianti in grado di trattare le batterie al litio e riciclarne i metalli che la compongono. Anche a livello europeo esistono pochissime aziende in grado di farlo e, comunque, si tratta di un processo ancora a livello sperimentale, molto costoso e pericoloso che consente di recuperare cobalto e nichel ma non il litio. I centri di ricerca, fra cui anche il CNR in Italia, stanno lavorando allo sviluppo delle tecnologie per il riciclo dei metalli delle batterie al litio ma, secondo gli studi di settore, serviranno ancora molti anni prima che possano essere collaudate e riprodotte a scala industriale. E nel frattempo? Ad oggi i volumi di batterie esauste sono limitati, tuttavia, trattandosi di sostanze pericolose ed estremamente inquinanti, non è confortante sapere che vanno a finire in discarica. Le case automobilistiche, a onor del vero, si stanno attrezzando per affrontare il problema e, a quanto pare, stanno stringendo accordi di collaborazione con una grande azienda che, ad oggi, è l’unica a detenere la tecnologia in grado di estrarre i metalli principali dalle batterie al Nichel ed al Litio. Non sono riuscito a trovare informazione sui costi energetici e sui rischi ambientali di questo processo di recupero che, comunque, non consente di estrarre il Litio che, quindi, rimarrà comunque come prodotto di scarto. Ma, santo cielo, si può lasciare una faccenduola di questo tipo al “buon cuore” delle multinazionali?

A questo punto, quindi, immagino penserete che io sia contrario alle auto elettriche…. Niente di tutto questo! Sono semplicemente una persona che non ama le semplificazioni e non crede ai rimedi miracolosi. Da parte nostra, nel ruolo di consumatori che la società in cui viviamo ci costringe volenti o nolenti a interpretare, non abbiamo altre opportunità al di fuori di scegliere ciò che il mercato ci propone. Per cui non possiamo boicottare le auto elettriche perché le batterie usano il cobalto estratto dai bambini-minatori del Congo o perché il loro smaltimento è inquinante. Non possiamo perché l’alternativa è acquistare un auto diesel o a benzina che se non è peggio, sicuramente non è neppure meglio.

L’unica libertà che davvero abbiamo è quella di fare scelte consapevoli e di non accodarci bovinamente alle tendenze che il mercato ci propone e ci propina come soluzioni miracolose, come elisir di lunga vita….e magari di incazzarci e mugugnare, come sto facendo io attraverso queste pagine.

*Flavio Poggi, esperto di tematiche ambientali, è Consigliere Comunale.

IL FUTURO DELLA MOBILITA’ E’ ELETTRICO?

di Flavio Poggi*

A giudicare da come si sta muovendo il mercato automobilistico, con la sempre più diffusa introduzione di modelli ibridi o interamente elettrici, dell’attenzione mostrata dagli amministratori pubblici, soprattutto in ambiti urbani, nell’incentivare la diffusione dei veicoli elettrici (colonnine di ricarica, parcheggi gratuiti, car sharing, ecc.) ed anche dello sviluppo di altri mezzi di trasporto sospinti da batterie (biciclette e scooter, ad esempio), si direbbe che l’era dei combustibili fossili per la mobilità sia finalmente agli sgoccioli.

A prima vista, questa sembrerebbe una grande conquista “green”: basta emissioni, drastica diminuzione dei consumi di idrocarburi e, quindi, dei danni prodotti dai processi estrattivi e di trasporto….eppure….

Eppure, questa svolta ecologica imboccata dalle multinazionali delle automobili e sposata con entusiasmo da molta politica internazionale non mi ha mai convinto fino in fondo.

Credo siamo tutti d’accordo nel dire che il modello di mobilità che ci ha accompagnato nell’ultimo secolo sia ormai totalmente anacronistico ed insostenibile per molte ragioni. Occorre voltare la pagina del petrolio e trovare altre soluzioni. Occorre, però, anche evitare di ripetere gli errori commessi nel corso della nostra pagina di storia precedente. Se la scelta di basare la mobilità del 1900 sul petrolio è stata piuttosto spontanea e casuale, e non è stata certamente intrapresa in maniera consapevole, valutandone a monte tutte le ricadute, oggi potremmo e dovremmo guidare le nostre scelte future in maniera più razionale e cosciente.

La scelta della svolta  della “mobilità elettrica” lo è veramente?

Personalmente, riflettendo su questo argomento, mi sono ritrovato di fronte a due zone d’ombra niente affatto trascurabili: 

1. cosa contengono le batterie e da dove arrivano le materie prime?
2. Che fine fanno le batterie a fine ciclo di vita?

La grande opportunità che abbiamo oggi, vivendo nell’era di internet, è che, con un po’ di attenzione nel cercare le fonti attendibili, possiamo abbastanza facilmente trovare risposte ai nostri dubbi.

Cominciamo dalla prima domanda. I componenti fondamentali delle più moderne batterie dei veicoli elettrici sono litio e cobalto. Ad oggi, il litio proviene soprattutto dal Sud America, dai grandi laghi salati andini di Bolivia, Argentina e Cile, che si trovano a quote fra i 2.000 ed i 4.000 metri in aree desertiche, incontaminate, spesso di grande pregio ambientale. A quanto pare, le riserve di questo metallo sono abbondanti, anche perché fino ad oggi non sono state sfruttate per altri scopi. 

Il cobalto, invece, proviene in gran parte della Repubblica Democratica del Congo, paese dilaniato da un’interminabile guerra civile, alimentata proprio dalla corsa allo sfruttamento delle enormi risorse minerarie di quest’area. Già da tempo Amnesty International ha denunciato la situazione in cui versano i minatori di cobalto in questo Paese e il connesso sfruttamento del lavoro minorile (https://www.amnesty.it/appelli/ferma-lavoro-minorile-nelle-miniere-cobalto-del-congo/). 

Basteranno le risorse mondiali di litio e cobalto a sostenere le esigenze del mercato se davvero si dovesse traguardare la progressiva completa sostituzione dei veicoli a scoppio? E, in ogni caso, qualcuno si sta preoccupando, oltre che di individuare le riserve e di realizzare le infrastrutture necessarie al loro sfruttamento, anche di evitare le catastrofi umanitarie per le condizioni di vita e lavoro dei minatori e le devastazioni ambientali che invece hanno caratterizzato l’era del carbone e del petrolio? Guarda caso, le principali riserve di queste materie prime si trovano di nuovo nei Paesi del Terzo Mondo; continueremo imperterriti a cercare di perpetuare più a lungo possibile il nostro collaudato modello di sviluppo che prevede che il mondo sia diviso fra agiati sfruttatori e miserabili sfruttati? Viaggeremo beati, inspirando soddisfatti l’aria finalmente pulita delle nostre città, nelle nostre auto elettriche, tenendo nascoste sotto il cofano le vite spezzate dei bambini minatori e degli animali estinti? 

Visto ciò che sta avvenendo per il cobalto, conosciamo già le risposte. Se il buongiorno si vede dal mattino…

Insomma, mi pare di poter dire che a occhio e croce, anche in questo caso, non si stia imparando proprio nulla dalla storia e si stia andando avanti a prendere direzioni di sviluppo guidati dagli appetiti economici del mercato globale piuttosto che dalle reali esigenze dell’umanità e del Pianeta.

Proverò ad affrontare la seconda domanda, cioè quella dello smaltimento delle batterie, in un prossimo post.

* Flavio Poggi, esperto di tematiche ambientali, è Consigliere Comunale

Bambini minatori in Congo (fonte immagine Repubblica.it)

Miniera di cobalto in Congo Fonte immagine – Cnet.com  

Salar de Atacama, Cile: una delle maggiori riserve mondiali di litio, ma anche una riserva naturalistica incontaminata. (fonte immagine: lastampa.it)

2019, SANT’OLCESE – RUMENTA PORTA A PORTA. DIFFERENZIAMO…MA SENZA FARCI PRENDERE IN GIRO.

Di Flavio Poggi*

…e così finalmente ci siamo! La settimana prossima nel nostro Comune si parte col nuovo sistema di raccolta differenziata dei rifiuti! Per il Comitato Indipendente è un traguardo importante, per il quale ci si è battuti da sempre con impegno, ed è una grossa soddisfazione tagliarlo prima della fine di questo mandato. Ci sentiamo, quindi, in dovere di ringraziare e complimentarci con la Giunta e in particolare con l’Assessore Simona Lottici, che ha lavorato con grande impegno su questo difficile fronte.

Certo, però, non possiamo non ricordare e sottolineare che questo nuovo sistema di raccolta dei rifiuti, pur rappresentando una importantissima svolta che finalmente arriva, anche se con un ritardo decennale, accumulatosi non solo per colpa dell’Amministrazione comunale, è pur sempre un compromesso annacquato rispetto a ciò che servirebbe per traguardare obiettivi di raccolta differenziata allineati a quanto richiesto dall’U.E. Un compromesso al ribasso rispetto al sistema di raccolta che tutta la letteratura sulla materia indica come il più efficace, cioè il porta a porta integrale. Un compromesso che solo nella migliore delle ipotesi, in base a quanto riportato dal famigerato studio commissionato dai Comuni polceveraschi circa 10 anni fa ai super-esperti altoatesini di Ladurner Energy, ci consentirà di raggiungere la soglia del 65% di raccolta differenziata impostoci dalla vigente normativa. L’effetto combinato del mostruoso ritardo col quale si arriva a mettere mano al problema della gestione dei rifiuti e del compromesso al ribasso che, alla fine del gioco, ci si trova costretti ad accettare, smorza un pochino l’entusiasmo per questa svolta epocale che stiamo per vivere che, nonostante tutto, comunque, salutiamo con un sospiro di sollievo.

Di fronte a questa svolta epocale, però, da persona informata sulla materia dei rifiuti, visto che da circa 30 anni me ne occupo, mi sento in dovere di fare una piccola e amara riflessione di carattere generale: domenica scorsa ero a pranzo dai miei anziani genitori, entrambi ultranovantenni e mia madre gravemente inferma, e mi sono trovato a spiegare a mio padre il sistema di differenziazione dei rifiuti. L’imballaggio del caffè macinato, ad esempio, dove va? Prendo la confezione, cerco l’indicazione sull’imballo. La trovo, scritta in piccolo, dopo qualche sforzo: C/LDPE 90. In pratica un materiale misto costituito da plastica e alluminio. Dove va smaltito? Dipende dalle indicazioni fornite dal Comune, solitamente con la plastica ma talora con la frazione residua indifferenziata….E le bustine del cibo umido del gatto? Anche questo è un materiale misto indicato sulla confezione con un numero, spesso diverso a seconda della marca…. E il sacchetto dei biscotti? Anche in questo caso marche diverse usano materiali diversi….E i sacchetti di plastica biodegradabili o i contenitori di bioplastica vanno in compostiera? Dipende…tanto per cominciare plastica biodegradabile e bioplastica non sono sinonimi…le plastiche biodegradabili contengono, ad oggi, almeno il 40% di “materia prima rinnovabile”. Il restante 60% è plastica…Se li metti in compostiera dopo un bel po’ di tempo (parecchi mesi) in gran parte spariscono…ma la plastica che fine fa? Le bioplastiche, tipo il materiale indicato con la sigla PLA, per intenderci, o le bottiglie d’acqua minerale in bio-PET, ottenuto dalla lavorazione di materiali legnosi, vanno in compostiera o con la differenziata della plastica o nell’indifferenziato residuo? Le prime, in teoria, vanno in compostiera, ma hanno tempi di compostaggio parecchio lunghi, quindi il vostro compost conterrà pezzi di plastica tal quali francamente poco piacevoli da ritrovare nel giardino o nell’orto. Il Bio-PET, invece, non è compostabile e va con la plastica…

Tralascio completamente la questione “Ma dopo che ho differenziato correttamente i diversi materiali, praticamente, come vengono riutilizzati?”. Se affrontassimo approfonditamente questo tema, soprattutto per i materiali misti come quelli menzionati sopra o il famigerato e onnipresente Tetrapak (che io detesto sinceramente), ci sarebbe da scrivere un trattato di centinaia di pagine…

Il mio papà ultranovantenne alla fine della discussione aveva uno sguardo fra il disorientato e il disperato. Prendendo spunto da questo piccolo ma rappresentativo esempio, considerata la composizione media della cittadinanza italiana (ma lo stesso discorso vale per l’intera Europa), sia per quanto riguarda l’età sia per il livello culturale, si può seriamente pensare di delegare la soluzione al problema del secolo, cioè quello della gestione dei rifiuti, ai singoli cittadini? Visto che il problema dei rifiuti, e soprattutto di quelli di materiali plastici, è noto da molti decenni perché non si è neppure mai provato ad affrontarlo all’origine, semplicemente vietando o limitando la produzione e diffusione di materiali accoppiati, imponendo l’uso di soli materiali facilmente riciclabili o riutilizzabili e soprattutto puntando sulla limitazione dell’uso degli imballaggi? Il problema è sempre lo stesso: la politica non dovrebbe essere subordinata all’economia ma dovrebbe guidarla. Ha, invece, abdicato a questo ruolo almeno a partire dal Dopoguerra. E il risultato sono, fra gli altri, i cambiamenti climatici e le isole di plastica negli oceani. Parliamoci chiaro: pensare di risolvere il problema dei rifiuti con la raccolta differenziata (o, peggio ancora, con gli inceneritori) è come credere di guarire un tumore con un antidolorifico. 

Ciò detto, con la consapevolezza che il nostro senso civico non risolverà il problema dei rifiuti (ma potrebbe servire ad evitarci sanzioni economiche dall’UE), accogliamo comunque positivamente questo nuovo sistema di raccolta, che sia un primo segnale di cambiamento di rotta che speriamo sia intrapreso prima possibile. Raccomandiamo quindi a ognuno di dare il proprio piccolo contributo applicandosi con la massima disciplina e scrupolo nel differenziare i propri rifiuti domestici.  

*Flavio Poggi è Consigliere Comunale per il Comitato Indipendente per Sant’Olcese

Ecco cosa ci fa un santolcesino in Antartide

Come immaginerete, Giorgio Bruzzone non è andato in Antartide solo per portare il gagliardetto del Comune di SANT’OLCESE. Gli abbiamo chiesto di trovare due minuti per spiegarci quali fossero gli obiettivi di questa nuova missione, ecco la sua risposta:

Carissimi, vi scrivo due righe che sintetizzano le attività che svolgo in questa spedizione.

La spedizione è iniziata a metà ottobre con un viaggio da Milano Malpensa verso Sidney per proseguire verso Hobart in Tasmania e concludersi dopo alcuni giorni sempre via aerea direttamente alla base italiana in Antartide.

Il mio gruppo di lavoro, composto da me e Edo,un collega, si occupa di gestire, manutenere e pilotare due veicoli subacquei filoguidati ROV) preparati per acquisire immagini, dati e campioni dei fondali antartici e della superficie inferiore del pack, il ghiaccio marino che si forma stagionalmente intorno al continente antartico.

La raccolta dati e il recupero di campioni viene effettuato nell’ambito di due progetti internazionali distinti:

– Il progetto PILOT che prevede lo studio dei pesci pelagici Silverfish ed in particolare il controllo e il censimento (raccolta) delle uova che vengono deposte nel platelet ice, il ghiaccio a scaglie che si forma sotto il pack con spessori che possono raggiungere diversi metri e che costituisce una sorta di nido che protegge le uova dai predatori;

– il progetto ICE CLYMATIZER che studia gli effetti dei cambiamenti climatici su alghe, coralli e briozoi.

Sinteticamente la nostra attività consiste nel raggiungere i vari siti di studio degli organismi per mezzo di elicottero, effettuare fori nel pack che ha uno spessore medio di 2,7 metri e mandare i robot ad espletare le missioni previste. I fori si effettuano con trivelle da ghiaccio a mano (fino a 15cm di diametro) o a motore (fino a 40 cm); praticati i fori si introducono i veicoli nei fori, si raccolgono le immagini e i campioni sul fondo e si rientra dal foro.

Tutte queste operazioni, apparentemente semplici, nascondono molte difficoltà e pericoli, dalle condizioni metereologiche che rallentano o impediscono i voli di elicottero, alle temperature che in questo periodo sfiorano i -20, dal periodo lavorativo molto breve al dover condividere le risorse disponibili con molti altri gruppi di ricerca.

Ciao,
Giorgio

Imprenditore edile rumeno usava il territorio di Sant’Olcese come discarica.

Dal sito di Repubblica

Scavando e rovistando fra i detriti di una mini discarica abusiva rinvenuta nelle campagne dell’entroterra di Genova, i carabinieri forestali sono riusciti a identificare prima l’abitazione dove erano stati effettuati i lavori e poi a denunciare l’impresario edile che, all’insaputa del committente per cui aveva lavorato, aveva smaltito in modo irregolare i rifiuti. La piccola discarica abusiva è stata scoperta nel comune di Sant’Olcese. Il denunciato è un artigiano di 33 anni di nazionalità romena titolare di un’impresa edile.

L’uomo è stato denunciato per lo smaltimento illecito di rifiuti. Gli investigatori proseguono le indagini per definire la posizione di altri soggetti che avrebbero collaborato nello smaltimento dei rifiuti.